Post n° 14 - L’ego e le sue molteplici forme - parte 3 - Attaccamento e dipendenze
Da
quando veniamo al mondo siamo letteralmente bombardati da informazioni.
Centinaia, migliaia di informazioni all’anno che ci portano a strutturare in
noi stessi una tale complessità di pensieri e idee non realmente nostre tanto
da arrivare spesso a non sapere chi siamo in realtà. E molte di queste
informazioni, molti di questi input ripetuti forzatamente dagli altri e (se
presi dogmaticamente per buoni) da noi, divengono dei veri e propri mantra
negativi che ci portano nel tempo a crearci convinzioni, forme di dipendenza e,
come risultato, l’attaccamento che ci renderà schiavi di un’idea falsata. Uno
dei tanti temi che potrei utilizzare come esempio per comprendere meglio il
discorso è il calcio. Un bambino nasce e cresce nei primi suoi sei-sette anni
di vita bombardato da un’informazione diretta proveniente da un genitore o da
entrambi: «Tu
sei romanista (o laziale, o milanista, o juventino, o altro) come me. Noi
tifiamo per la Roma!».
Fin qui non ci sarebbe nulla di male, almeno all’apparenza. Ma se andiamo ad
analizzare meglio la questione, probabilmente potrete accorgervi di alcuni
dettagli.
1 - In quel momento il bambino non ha una reale possibilità di scelta. Potrebbe non avere in simpatia i colori di quella squadra e preferirgli quindi un’altra maglia. Oppure potrebbe essere poco interessato al calcio tifato, semplicemente perché a quell’età si è presi da altro. Ma, nella maggior parte dei casi, essendo attaccato alla figura genitoriale, quasi certamente seguirà l’esempio creandosi una dipendenza per emulazione e bisogno di appartenenza e riconoscimento.
2 - Crescendo con la convinzione di tifare per una certa squadra, inizierà a entrare in competizione con altri suoi coetanei che sostengono squadre avversarie, finendo nel meccanismo del confronto fino a creare lo scontro tra fazioni opposte.
3 - Questo stesso fare parte di un gruppo di tifosi si rispecchierà più in là in altri settori, quando, cresciuto abbastanza da interessarsi alle questioni sociali e politiche del proprio paese, metterà in moto lo stesso meccanismo di aggregazione e partecipazione a un gruppo che va contro un altro gruppo. Anche in questo caso, l’appartenenza a un ideale e a uno schieramento politico sarà stata influenzata dal comportamento della famiglia e dalle informazioni recepite dai genitori e nell’ambiente scolastico. E anche in questo caso, senza rendersene minimamente conto, sarà entrato a far parte del grande gioco che crea disunione e spaccature tra gli esseri umani, concentrati maggiormente sull’avere ragione riguardo il valore e la supremazia della propria squadra o del proprio ideale politico (gestito e indirizzato spesso in maniera mirata dai discorsi e dalle scelte di un gruppo ristretto di uomini al potere).
4 - Tutto ciò lo porterà a una parziale (o totale) incapacità di essere completo da sé, di saper bastare a se stesso (pur facendo parte di una collettività in cui dover vivere rispecchiandosi negli altri) e di saper attingere al proprio intuito e al proprio intelletto, divenendo succube di un sistema sociale che rende le persone meno attente schiave e bisognose di appartenere a qualcosa di apparentemente più grande.
Grazie a questa meravigliosa vetrina che è internet, con
i suoi social network, i suoi blog, i suoi siti (che, in quanto semplici mezzi
di comunicazione, non sono responsabili delle nostre azioni), ho potuto notare
negli anni un elevato numero di persone incastrate in questo meccanismo di
divisione delle masse. Allo stesso modo che per una squadra di calcio o un
partito politico, ho visto persone che si ritengono educate, rispettose,
civili, sveglie, acculturate, intelligenti, e in certi casi “spirituali”,
attaccarsi tra loro, sputare sentenze, accuse, offese, diffamazioni, calunnie e
quant’altro di peggio si possa fare, per difendere il cantante, l’attore, il
politico, o lo sportivo preferito attaccato da un suo collega o da persone
comuni nel web. E tutto ciò nascondendosi spesso dietro alla scusa dello
sfottò, dell’umorismo, della goliardia (che, se usate bene, sarebbero anche
cose positive e utili).
Vedo ancora oggi persone che conosco in carne e ossa e
con le quali ho condiviso lunghi periodi della mia vita (anche vari anni)
parlare di calma, serenità, rispetto, amore, spiritualità. Poi, poco dopo la
pubblicazione di un post o di un commento poetico e filosofico, quelle stesse
persone finiscono col pubblicare altri post o commenti rabbiosi, critiche e
giudizi duri su tutto e tutti, in base al giorno e al momento, lamentandosi
spesso dello smodato uso di pubblicare selfie da parte di ragazzi o donne,
senza rendersi conto di stare loro stessi almeno una volta al giorno davanti a
uno specchio con lo smartphone in mano, oppure di quanto fanno schifo le
persone che scaricano rabbia sugli altri, senza accorgersi che anche loro lo
fanno. Vedo persone che utilizzano un qualche tipo di tecnica meditativa
litigare con astio con gli altri utenti del social (ma che meditate a fa’ se
poi ve dovete incazza’ per ogni cosa?). Vedo gente che parla di distacco dalle
cose materiali giudicare chi veste in questo o quell’altro modo, o chi ha auto
costose, o chi ha raggiunto un certo livello di successo economico e magari
anche la notorietà, o altro. Vedo perfino gente incuriosita dalla spiritualità
e interessata a comprenderla meglio scontrarsi su quale sia la migliore
tecnica, la miglior meditazione, la filosofia più vicina alla verità. E come
accade da ormai cinque anni, vedo gente offendersi per la questione dei
vaccini, sostenendo in fazioni opposte la teoria della loro responsabilità per
la formazione di malattie e disturbi gravi come anche l’autismo, o della loro
assoluta e totale sicurezza medico-scientifica, senza soffermarsi a chiedersi
quanto ne sanno in realtà, quanto siano vere le informazioni ufficiali che ci
vengono fornite, preferendo l’inutilità dello scontro all’utilità di una
possibile unione al fine di cercare una verità oggettiva che sistemi in modo
concreto e definitivo questo caos di disinformazione e, forse, di manipolazione
dell’informazione.
Ogni cosa appena menzionata (e tante altre che
potrebbero entrare di diritto in questo breve elenco) fanno parte di quel
sistema nato da forme di attaccamento e dipendenza. Ovviamente quello che
rimane ben saldo al primo posto riguarda i rapporti interpersonali di amicizia,
di coppia o di parentela che siano.
A sentir parlare le persone, tutti vogliono essere liberi. Ma liberi da cosa e
da chi? Da un lavoro opprimente? Da una famiglia demoralizzante
e anaffettiva? Da un genitore troppo rigido? Da un figlio ingrato? O da una
moglie o un compagno gelosi e possessivi? Qualunque sia la cosa o la/e
persona/e da cui vorreste essere liberi, vi chiedo: come potete diventare
liberi se siete schiavi del vostro ego eccessivamente rigido? Se siete schiavi
dell’attaccamento verso i vostri famigliari o i vostri compagni o coniugi,
perfino degli amici, e del bisogno della loro approvazione? Che loro siano
perfetti o imperfetti nei vostri confronti non cambia, perché di fatto non
siete loro schiavi ma schiavi dell’idea che avete di loro (e di voi stessi) e
del bisogno di dipendere eccessivamente dagli altri causato sempre e solo dalla
vostra paura della solitudine e dal bisogno di ricevere da qualcuno la vostra
dose di stima, amicizia, affetto, amore. Se siete tossici di questi bisogni,
senza rendervi conto che è già tutto dentro di voi, che gli altri all’esterno
pur servendovi per condividere esperienze non sono letteralmente
indispensabili, ma che sono lì (come voi ci siete per loro) per vivere
scambiando informazioni, idee ed emozioni utili alla vostra crescita
indirizzata al sano distacco da tutto ciò che è esterno, attingendo alla vostra
forza interiore, come potrete diventare liberi?
Mi rivolgo ai cosiddetti “ricercatori spirituali” (per
mia fortuna non lo sono più, perché ho capito che non c’è nulla da cercare, c’è solo bisogno di
iniziare a percepire): come potete fare yoga, o meditazione con la spada, o
meditazione a cavacecio de ‘n lama (animale o monaco tibetano, fate voi),
sostenere che lo shiatsu sia migliore dell’agopuntura o del reiki, o della
pranoterapia, e altre cose del genere, o insegnare agli altri come essere più
“centrati” e presenti a se stessi se dopo essere usciti dal centro di
meditazione tornate a casa e lungo il tragitto vi incazzate per un motivo
qualunque? O se magari vi incazzate proprio arrivati dentro casa vostra, con i
vostri genitori o con i vostri figli? Come potete pensare di insegnare (magari
facendovi pure pagare per le vostre conferenze dal vivo o i vostri corsi
online) cose che voi stessi non riuscite quasi mai a mettere in pratica? Come
potrete diventare liberi se non sciogliete i vincoli mentali che vi legano ai
vostri cari e amici vari, facendovi di fatto essere dipendenti da loro? Come
potrete vivere serenamente ed esseri liberi se ogni volta che muore qualcuno a
voi caro entrate in depressione per mesi o anni? Intendiamoci, soffrire per un
lutto va bene, ma solo per il tempo che serve ad accettare quella “perdita”
senza farla diventare una gabbia in cui chiudersi per tutta la vita. Altrimenti
questa tanto decantata spiritualità a cosa serve? E questa teoria della
reincarnazione? E questo essere forme di coscienza energetico-spirituali che
non muoiono ma abbandonano la forma fisica? Per dirla terra terra, ma de che
stamo a parlà’?!
Volete vivere con serenità ed essere liberi
veramente? Iniziate il cammino dentro voi stessi che vi porterà a distaccarvi
da ogni forma di dipendenza, eventualmente pure il tifo per una squadra di
calcio (qualora doveste accorgervi di essere diventato per voi una cosa
eccessiva) e l’appartenenza a un’ideologia politica. E, se possibile, evitate
di inculcare in altri le vostre convinzioni. Quando poi riuscirete ad accettare
che il mondo è perfetto così com’è, anche con tutti i suoi problemi, la sua
violenza, le sue guerre, e smetterete di volerlo cambiare (o che qualcuno lo
cambi per voi), allora capirete il vero significato della parola libertà.
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