Post n° 10 - Patriarcato moderno, ovvero come illudersi e giustificare la rabbia dell’ego collettivo
Per evitare qualsiasi tipo di malinteso, premetto che questo post
non vuole essere e non è una critica né un attacco nei confronti delle donne in
generale e nemmeno di quelle femministe di oggi, arrabbiate con gli uomini. Quello
che state per leggere è solo un tentativo di osservare un problema sociale con
mente calma, priva di rabbia. Detto ciò...
Oggi è arrivato il momento di affrontare un argomento spinoso e complesso a cui
avevo accennato tempo fa, in chiusura del 2° post. Per chi non se lo
ricordasse, alla fine di un discorso sulla spiritualità odierna usata come via
di fuga da se stessi e dalle proprie responsabilità, avevo scritto:
“Ed è così che iniziano ad aspettarsi e pretendere di essere amati e rispettati
come e quanto vogliono loro, diventando spesso egocentrici e, in alcuni casi,
veri e propri manipolatori o manipolatrici. Sì care donne, anche tra voi ci
sono persone capaci di manipolare gli altri... ce dovete sta! E, prima di
pensare che io sia il classico maschilista misogino amante del
patriarcato, fate un lungo respiro e armatevi di santa pazienza aspettando che
più avanti parli di questo argomento”.
Ripartendo da questa frase (anche se vi consiglio di rileggervi
quel post per comprendere meglio tutto il discorso) mi sento di poter affermare
che, nella mia imperfezione umana, non ho mai trattato in maniera maschilista,
misogina e violenta nessuna donna, amica, fidanzata o amante (nel senso di
frequentazione non duratura) che fosse. Certo, negli anni ho vissuto alcuni
piccoli scontri dovuti a divergenze di opinione, e anche litigate abbastanza
animate, ma mai violente e mai usate per sottomettere psicologicamente e
fisicamente nessuna donna (e nessun/a amico/a).
Calcolando che sono nato nel 1977, da quando ero adolescente non ho mai
percepito di vivere in una società patriarcale. Crescendo ho notato che in un
discreto numero di uomini ci fossero meccanismi inconsci che inducevano a farli
comportare in modo irrispettoso verso molte donne, esattamente come accade
anche oggi, ma ho continuato a non percepire questo come colpa del tanto usato
e forse abusato termine che suona, appunto, come patriarcato.
Dagli anni ’60 del 1900 le donne moderne iniziarono a emanciparsi e a volere
giustamente gli stessi diritti sociali e umani degli uomini. Così, lentamente e
con difficoltà, in circa 20-25 anni riuscirono a raggiungere tutti (o quasi)
gli obiettivi che si erano prefissate, arrivando a non doversi sposare per
forza, a poter divorziare dai loro mariti senza incorrere in vendette legali o
uccise per quell’assurdità che era il cosiddetto delitto d’onore, a
poter decidere di abortire (cosa che, a prescindere da ciò che se ne possa
pensare, è comunque un diritto delle donne), a poter uscire vestite come
volevano, anche in minigonna, senza dover sottostare a divieti di padri o
mariti, a raggiungere una parità sociale da vari punti di vista, ottenendo
anche il diritto al voto, e, negli anni, a poter fare carriera professionale in
fabbriche, aziende, uffici e in parlamento. Dai primi anni ’80 le cose non sono
cambiate tornando indietro ma hanno proseguito nella direzione giusta. Allora
perché oggi ci sono molte donne arrabbiate che odiano tutti gli uomini
definendoli maschilisti e mostri? In un caso specifico di cui sono stato testimone
non più di due anni fa, una donna laureata in psicologia che attaccò
volgarmente me e vari altri uomini scrisse su una pagina pubblica di Facebook
che siamo tutti “merde che non capiscono un cazzo e non possono cambiare”. Cosa
è successo dalla fine degli anni ’80 a oggi per riuscire ad arrivare a nuovi
scontri sociali che hanno riportato molti uomini e molte donne (non tutti né
tutte, fortunatamente) a disprezzarsi, non fidarsi e odiarsi a questi livelli?
Penso di avere una risposta parziale che però non riguarda il patriarcato ma,
anzi, scansa l’idea che la colpa sia di questo modo di vivere scomparso da vari
decenni qui in Italia.
Già nei primi anni ’90 il nostro paese ha iniziato a subire un lento ma
inesorabile declino politico e sociale, che ha accelerato sempre di più
soprattutto dal 2000 in poi. Con l’avvento di nuove leggi sul lavoro sempre
meno funzionali siamo arrivati a ricreare una forma di sfruttamento umano,
stavolta legalizzato. Da qui in poi, con l’ulteriore peggioramento della situazione
lavorativa abbiamo assistito a situazioni che sono arrivate fino a oggi, come
ad esempio il licenziamento (o meglio, il mancato rinnovo dei contratti di
lavoro) di molte delle donne che restano incinte. Cose come questa hanno
iniziato a spingere molte di loro a convincersi che tutto ciò dipenda dal fatto
che nei posti di comando ci sono maggiormente uomini maschilisti che se ne
infischiano di rispettarle umanamente e professionalmente, arrivando a
sostituirle fin troppo facilmente con altre donne al loro posto, possibilmente
single o comunque senza figli. Non ho mai negato (né intendo farlo ora)
che questo avvenga, ma il motivo che spinge i datori di lavoro, i presidenti
e/o i proprietari di aziende o fabbriche a non rinnovare i contratti alle donne
che restano incinte non è dovuto al patriarcato ma all’ugualmente sbagliato ed
enorme problema degli spropositati aumenti delle tasse, del costo della vita,
della produzione in ogni settore e della mancata crescita degli stipendi. Per
molti imprenditori e liberi professionisti mantenere per un anno una donna in
aspettativa per maternità e prendere qualcuno che la sostituisca fino al suo
rientro, dovendolo pagare ugualmente, significa rischiare il fallimento o
comunque grandi problemi finanziari. Se questo fatto dipendesse dal
patriarcato non sarebbe un escamotage legalizzato usato anche nei confronti di
molti uomini. E, soprattutto, non sarebbe usato anche da molte donne manager
che gestiscono aziende dove spesso non vengono rinnovati i contratti alle loro
dipendenti in dolce attesa, sostituite definitivamente con altre donne o anche
con uomini.
Intendiamoci, non sto dicendo che, siccome il motivo è legato alla cattiva
gestione politica e alla pessima situazione economica sociale, sia giusto
attuare questa strategia. Se faccio questa affermazione è solo per tentare di
abbattere una convinzione illusoria che vuole dipingere tutti gli uomini come
maschilisti e convincere la massa che viviamo ancora in una società
patriarcale. Se fosse vero le donne non avrebbero mai raggiunto gli obiettivi
che ho menzionato prima. Purtroppo l’incapacità di osservare la situazione
senza il filtro di un ego troppo rigido ha causato in molte donne questa
convinzione, portandole a odiare gli uomini che, a loro volta, sentendosi giudicati
e spesso colpiti con cattiveria che a molti di loro non spetterebbe, hanno
iniziato ad avere paura e a non fidarsi più, arrivando a non avere nemmeno più
voglia di entrare in relazioni di coppia (come accade anche a molte donne che
hanno perso fiducia negli uomini a causa di una o più relazioni emotivamente
traumatiche, arrivando a preferire di rimanere single).
Questa situazione si è ulteriormente ingigantita con l’arrivo del termine femminicidio,
con cui da alcuni anni si è iniziato a definire gli omicidi perpetrati da
uomini nei confronti delle donne. Ora non vorrei infilarmi in una banale
retorica sulla semantica ma credo che già le parole omicidio o assassinio
fossero più che sufficienti e paritarie tra i due sessi. Comunque, se sentite
il bisogno di usare anche femminicidio fate pure, nessuno ve lo impedisce.
Però, a mio avviso, questo termine a livello psicologico rischia di creare
sempre più spaccature e divisioni tra donne e uomini. Detto ciò, io non credo
che un uomo uccida una donna semplicemente perché è una donna, non avrebbe
alcun senso. Sarebbe più sensato affermare che un uomo che uccide una donna lo
fa sì per odio ma motivato da qualcosa di più profondo, più intimo e personale.
Un dolore molto intenso provocato probabilmente dall’essere stato lasciato da
una compagna o dalla propria moglie, o magari dall’aver ricevuto un rifiuto da
una donna della quale era innamorato. Purtroppo esistono molti uomini
emotivamente infantili e instabili che non riescono a sopportare il dolore
causato da un rifiuto o dalla fine di una relazione, e che quindi non riuscendo
ad accettare la situazione arrivano a crearsi una serie di complessi
psicoemotivi tali da poter arrivare a un livello di disperazione interiore per
loro insopportabile, che può sfociare nell’odio verso la donna che “li ha fatti
soffrire” arrivando a ucciderla per evitare che possa dare ad altri l’amore che
non è interessata o più disposta a dare loro.
Anche in questo caso non sto giustificando in alcun modo la brutalità di questi
uomini, mi limito ad analizzare la questione da un punto di vista che ritengo
più logico e che penso possa servire a sfatare un mito odierno e forse a far
diventare molte donne più attente agli uomini che attirano o dai quali sono
attratte, cosa che dovrebbero imparare a fare anche molti di quegli uomini
dalla personalità debole che finiscono col mettersi con donne manipolatrici e
aggressive in modo psicologico. Del resto, da un punto di vista psichico, molte
donne sono quasi sempre più scaltre degli uomini e sanno essere brutali e
vendicative come loro che, al contrario, usano per lo più la forza
fisica.
Pensate che le donne non sappiano essere cattive e vendicative e che siano
sempre vittime? Se fosse così e fossimo ancora realmente in una società
patriarcale, gli uomini avrebbero sempre in ogni occasione la legge dalla loro
parte. Invece, ad esempio, basta dare un’occhiata ai dati Istat sui divorzi che
vedono circa l’86% delle cause concludersi con l’affidamento dei figli alle
donne che quindi prendono anche possesso della casa di famiglia, che in molti
casi era già di proprietà del marito da prima di sposarsi, magari perché
l’aveva ereditata dai suoi genitori. E ci sarebbero anche altri elementi da
considerare come prove per comprendere che oggi in Italia non siamo nel
patriarcato, ma il mio scopo non è portare avanti una diatriba tra uomini e
donne. Insomma, sto cercando di dire che non credo nella violenza di genere ma
semplicemente nel fatto che la violenza, da chiunque venga, chiunque colpisca e
qualunque forma abbia deriva sempre da profonde ferite emotivo-narcisistiche
che molti uomini e donne non sono stati/e in grado di individuare dentro di
loro e ammettere, finendo col diventare vendicativi/e e violenti/e.
Da un punto di vista più elevato, questo tipo di problema è legato alla
difficoltà di riuscire a integrare la parte psichica opposta al proprio sesso.
Come avevo già detto in precedenza, per natura spirituale e umana gli uomini
possiedono un femminile interiore, mentre le donne un maschile che, se accettato
da entrambe le parti, imparando a conviverci in modo spontaneo può portare a
una maggiore comprensione tra i due sessi, così da poter vivere coesistendo in
modo più sano ed equilibrato.
Ovviamente mi rendo conto che questo discorso probabilmente sarà compreso fino
in fondo da una minoranza di persone, e non mi aspetto che molte donne e molti
uomini mi daranno ragione. Ciò non toglie che sono abituato a esternare con
onestà le mie intuizioni e i miei punti di vista, cosa che ho deciso di fare
anche in questo caso.
Quindi, cari amici e amiche (o nemici e nemiche, scegliete voi), vi lascio la
responsabilità di riflettere su queste parole e decidere se considerarle valide
oppure no, il tutto anche come esercizio di lavoro sul vostro ego. Ciao, e alla
prossima... se vorrete.
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